Ricorrenza barbaro assalto alla base Italiana dei Carabinieri a Nassirija -
Dodici novembre 2003, diciotto anni fa. Per l'Italia una ricorrenza triste e dolorosa. Quel giorno - ore 8.40 italiane, ore 10.40 a Nassiriya, nelle case degli italiani entrò di nuovo la guerra.
Infatti, nella base italiana irachena dei Carabinieri a seguito di un attentato persero la vita 28 persone tra civli e militari.
Ciò che avvenne in quella tragica mattina è ancora ben vivo nella memoria di tutti noi: alcuni attentatori suicidi, dopo aver assaltato le postazioni di guardia, guidarono un'autocisterna carica di esplosivo nei pressi della base “Maestrale”, occupata dai nostri Carabinieri dell'Unità specializzata multinazionale. A questo Reggimento dell'Arma dei Carabinieri, distintosi per la sua altissima professionalità in numerose missioni internazionali, era affidato il difficile compito di mantenere l'ordine pubblico, garantire l'assistenza alle autorità deputate alla ricostruzione e l'addestramento della polizia locale irachena nella città di Nassiriya ed in tutta la provincia di Dhi Kar, nel Sud del Paese.
L'esplosione dell'automezzo investì l'edificio, provocandone il parziale crollo ed uccidendo diciannove cittadini italiani,
12 Carabinieri sottotenente Giovanni Cavallaro, sottotenente Enzo Fregosi, sottotenente Filippo Merlino, sottotenente Alfonso Trincone, maresciallo aiutante Alfio Ragazzi, maresciallo aiutante Massimiliano Bruno, maresciallo capo Daniele Ghione, brigadiere Giuseppe Coletta, brigadiere Ivan Ghitti, vice brigadiere Domenico Intravaia, appuntato Orazio Maiorana appuntato Andrea Filippa |
5 militari dell'Esercito : il capitano Massimiliano Ficuciello, il maresciallo capo Silvio Olla, il caporal maggiore capo scelto Emanuele Ferraro, il primo caporal maggiore Alessando Carrisi il caporal maggiore Pietro Petrucci, 2 civili: Stefano Rolla, regista impegnato in un sopralluogo per le riprese di un documentario sulla missione italiana; Marco Beci, funzionario della cooperazione italiana in Iraq; |
nonché, - è doveroso ricordarlo 9 cittadini i racheni , tra passanti e collaboratori del nostro contingente militare.
Il dolore di quei tragici minuti accompagna ed accompagnerà per sempre le famiglie delle vittime e gli italiani tutti, commossi e sgomenti per un attacco così barbaro e vile.
I nostri militari erano a Nassiriya per aiutare gli iracheni.
Hanno aiutato uomini, donne, bambini a riprendere la convivenza civile, dopo anni di oppressione, repressione e persecuzione.
Li hanno aiutati a far funzionare gli uffici, gli ospedali, i servizi.
A riorganizzare le forze militari e la polizia secondo i principi dello Stato di diritto. I nostri militari hanno lavorato per riportare la democrazia e la legalità in zone ormai conquistate dalla barbarie; per garantire il progresso di un popolo. La rinascita degli iracheni e la loro sentita riconoscenza verso di noi sono una tangibile testimonianza del sacrificio dei nostri Caduti. Sono trascorsi dieci anni da quella tragica mattina del 12 novembre 2003 e con l'odierna manifestazione noi tutti siamo qui per testimoniare che lo Stato non dimentica i propri figli migliori, il cui ricordo ci insegna ogni giorno che la fedeltà, l'amore per il prossimo e il senso del dovere non sono l'espressione retorica di vuote frasi di circostanza. La loro memoria deve essere la nostra forza e il loro esempio di dedizione deve guidare i Carabinieri nelle difficili prove che ogni giorno si trovano ad affrontare. Coraggio, lealtà, abnegazione, dedizione e onore , sono solo alcune delle nobili virtù che caratterizzano uomini e donne dell'Arma e delle Forze armate e che hanno animato quei valorosi caduti. La deposizione di questa corona, quindi, rappresenta un gesto a quanti hanno donato la propria vita in difesa del bene comune, per la pace, la sicurezza e la stabilità internazionale nello svolgimento di attività di alto valore umanitario, e vuole essere momento fondamentale per rafforzare la coesione di un popolo, attraverso la condivisione del patrimonio di valori comuni, di cui i nostri valorosi Caduti sono testimonianza luminosa.
I CADUTI DI NASSIRYA
Regaliamo anche noi una preghiera e un ultimo saluto a:
PIETRO PETRUCCI: 22 anni di Casavatore (Napoli), caporale dell'Esercito. Ne era stata dichiarata la morte cerebrale poche ore dopo la strage. Poi è stata staccata la spina della macchina che lo teneva in vita. Petrucci era un volontario in ferma breve e in missione in Iraq con l'incarico di conduttore di automezzi.
DOMENICO INTRAVAIA: 46 anni, di Monreale, appuntato dei CC in servizio al comando provinciale di Palermo; sposato e con due figli di 16 e 12 anni. Lascia anche l'anziana madre, il fratello gemello e due sorelle. Era partito per l'Iraq quattro mesi fa e sarebbe dovuto rientrare fra tre giorni. Era già stato in missione a Sarajevo. I due figli tenevano un calendario da cui cancellavano i giorni che mancavano al ritorno del padre. La notizia ha gettato la moglie nella disperazione: «Voglio morire, senza mio marito la mia vita non ha senso».
ORAZIO MAJORANA: 29 anni, di Catania, Carabiniere scelto in servizio nel battaglione Laives-Leifers in provincia di Bolzano. L'anziano padre ha appreso la notizia in Svizzera, dove si trovava per sottoporsi ad alcune visite mediche. È rientrato d'urgenza a Catania.
GIUSEPPE COLETTA: 38 anni, originario di Avola (Siracusa) ma da tempo residente a San Vitaliano, in Campania, Vice Brigadiere in servizio al comando provinciale di Castello di Cisterna (Napoli); sposato e padre di una bambina di due anni. Aveva perso un figlio di 5 anni per leucemia.
GIOVANNI CAVALLARO: 47 anni, nato in provincia di Messina e residente a Nizza Monferrato, Maresciallo in servizio al comando provinciale Carabinieri di Asti. Era noto con il soprannome di “Serpico”. Lascia la moglie e la piccola Lucrezia, 4 anni. Era già stato impegnato in altre missioni in Kosovo e in Macedonia. Era da tre mesi in Iraq e stava per rientrare a casa. La sera prima aveva telefonato alla moglie: «Sto preparando la mia roba, sabato finalmente torno da te e da Lucrezia. Ho voglia di abbracciarvi».
ALFIO RAGAZZI: 39 anni, maresciallo dei carabinieri in servizio al Ris di Messina, sposato e con due figli di 13 e 7 anni. Era partito in luglio e sarebbe dovuto rientrare a Messina sabato prossimo: i familiari stavano già preparando la festa. Era specializzato nelle tecniche di sopralluogo e rilevamento e il suo compito era quello di istruire la polizia locale.
IVAN GHITTI: 30 anni milanese, carabiniere di stanza al 13/mo Reggimento Gorizia. Era alla sua quarta missione di pace all'estero, dopo essere stato tre volte in Bosnia. Lascia i genitori e una sorella. Ieri sera lo hanno sentito per l'ultima volta al telefono: «Era assolutamente sereno e tranquillo».
DANIELE GHIONE: 30 anni, di Finale Ligure (Savona), maresciallo dei carabinieri in servizio nella compagnia Gorizia. Era Sposato da poco. Era stato ausiliario dell'Arma, poi si era congedato e iscritto all'Associazione carabinieri in congedo. Era ritornato ad indossare la divisa vincendo un concorso per maresciallo.
ENZO FREGOSI: 56 anni, luogotenente dei carabinieri, ex comandante dei NAS di Livorno dove viveva con la famiglia. Lascia moglie e due figli, un maschio, anche lui carabiniere, e una ragazza che studia all'Università. Era partito per l'Iraq il 17 luglio scorso e stava per rientrare in Italia. A casa stavano già preparando la festa per il suo ritorno.
ALFONSO TRINCONE: 44 anni, maresciallo dei carabinieri era originario di Pozzuoli (Napoli) ma risiedeva a Roma con la moglie e i tre figli. Il sottufficiale era in forze al NOE, il Nucleo operativo ecologico che dipende dal Ministero dell'Ambiente.
MASSIMILIANO BRUNO: 40 anni, maresciallo dei carabinieri di origine bolognese, biologo in forza al Raggruppamento Investigazioni scientifiche (Racis) di Roma. Viveva con la moglie a Civitavecchia. I genitori e un fratello vivono a Bologna.
ANDREA FILIPPA: 33 anni, torinese, carabiniere dall'età di 19. Era esperto di missioni all'estero che lo tenevano costantemente lontano da casa. Prestava servizio a Gorizia presso il 13° Battaglione Carabinieri. Viveva a San Pier D' Isonzo insieme alla giovane moglie, sposata nel 1998.
FILIPPO MERLINO: 40 anni, originario di Sant' Arcangelo (Potenza), sposato. Con il grado di Maresciallo comandava la stazione dei Carabinieri di Viadana (Mantova). È morto nell'ospedale di Nassirya dove era stato portato gravemente ferito.
MASSIMO FICUCIELLO: 35 anni, tenente dell'esercito, figlio del Gen. Alberto Ficuciello. Funzionario di banca, aveva chiesto di poter tornare in servizio attivo con il suo grado di tenente proprio per partecipare alla missione «Antica Babilonia». Grazie alla sua conoscenza delle lingue era stato inserito nella cellula Pubblica Informazione del Col. Scalas. Questa mattina aveva avuto l'incarico di accompagnare nei sopralluoghi i produttori di un film-documentario sui «Soldati di pace». Prima dell'attentato, il titolo, provvisorio, era stato cambiato in «Babilonia terra fra due fuochi».
SILVIO OLLA: 32 anni, dell'isola Sant' Antioco (Cagliari), Sottufficiale in servizio al 151° Reggimento della Brigata Sassari. Figlio di un Maresciallo e fratello di un carrista. Laureato in Scienze Politiche, Olla era in forza alla cellula Pubblica Informazione. È morto insieme al Ten. Ficuciello mentre accompagnava nei sopralluoghi i produttori del film. La conoscenza dell'inglese e dei rudimenti dell'arabo lo avevano fatto diventare uno dei punti di riferimento per i giornalisti.
EMANUELE FERRARO: 28 anni, di Carlentini (Siracusa), caporal maggiore scelto in servizio permanente di stanza nel 6° Reggimento trasporti di Budrio (Bologna).
ALESSANDRO CARRISI: 23 anni, di Trepuzzi (Lecce), caporale volontario in ferma breve, anche lui in servizio nel 6/o Reggimento trasporti di Budrio. Era partito per l'Iraq da poche settimane. Lascia i genitori, un fratello e una sorella. Ieri sera l'ultima telefonata a casa: «Tutto va bene. Sto andando a letto».
LE DUE VITTIME CIVILI - Nell'attentato sono stati coinvolti anche due civili.
Si tratta dell'aiuto regista STEFANO ROLLA, 65 anni di Roma che stava facendo i sopralluoghi per un film documentario che avrebbe dovuto girare il regista Massimo Spano e di MARCO BECI, 43 anni, funzionario della cooperazione italiana in Iraq.